LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha emesso la seguente decisione sul ricorso n. 88/23403 presentato il 16 settembre 1988 (avverso: ingiunzione numero art. 337, ipotecaria) da Brigato Susi Maria e Pietro Magistrelli, residente ad Arluno in via Mazzini n. 30, contro Conservatorie di Milano 2. Oggetto della domanda: ricorso avverso ingiunzione della Conservatoria dei registri immobiliari di Milano 2 per pagamento imposta ipotecaria su iscrizione di ipoteca conseguente a verbale di separazione consensuale avanti il Tribunale di Milano. Svolgimento del processo I coniugi separatisi consensualmente con verbale avanti il presidente del Tribunale di Milano del 2 ottobre 1987 omologato con decreto 2 novembre 1987 hanno impugnato nei termini l'ingiunzione loro notificata dalla Conservatoria dei registri immobiliari di Milano 2 per il pagamento dell'imposta ipotecaria relativa all'iscrizione di ipoteca effettuata in data 24 novembre 1987 ai nn. 84078/16844 a garanzia dell'obbligazione assunta dal marito nei confronti della moglie di corresponsione dell'importo di L. 37.000.000 in 74 rate mensili di L. 500.000 cadauna. Il ricorso e' rivolto esclusivamente ad eccepire l'illegittimita' costituzionale parziale dell'art. 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635 e dell'art. 1 della tariffa allegata (con riferimento alla tassabilita' dell'iscrizione ipotecaria da separazione coniugale) in relazione agli artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione ed all'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74; la tesi e' stata sostenuta e ribadita dai ricorrenti anche nella successiva memoria integrativa depositata ex art. 19- bis del d.P.R. n. 636/1972. L'ufficio ha replicato con memoria 31 ottobre 1988 sostenendo la legittimita' dell'imposizione in relazione all'eseguita iscrizione ipotecaria. In udienza, entrambe le parti, presenti, hanno insistito nelle rispettive deduzioni. Motivi della decisione L'art. 19 della legge 6 marzo 1987 n. 74 dichiara esenti da ogni imposta e tassa: tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nonche' ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 1º dicembre 1970, n. 898. L'art. 23 della precitata legge 6 marzo 1987, n. 74, prevede che: "fino all'entrata in vigore del nuovo testo del codice di procedura civile, ai giudizi di separazione personale dei coniugi si applicano in quanto compatibili, le regole di cui all'art. 4 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall'art. 8 della stessa legge". Il quarto e quinto comma dell'art. 156 del Codice civile cosi' si esprimono: "Il giudice che pronunzia la separazione puo' imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti dai precedenti comuni e dall'art. 155. La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818". Parimenti, l'art. 8 della legge 6 marzo 1987, n. 74, prevede che: "il Tribunale che pronunzia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio puo' imporre all'obbligato di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi di cui agli artt. 5 e 6. La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale a' sensi dell'art. 2818 del codice civile". Come si evince dalla richiamata normativa il giudizio afferente il divorzio o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e quello relativo alla separazione coniugale subiscono identico trattamento normativo nei limiti della reciproca compatibilita'. La procedura diviene sostanzialmente e formalmente identica mentre, piu' in particolare, del tutto identica si presenta l'ipotesi del provvedimento del giudice inteso a garantire l'adempimento di un obbligo assunto da una parte nei confronti dell'altra con previsione del titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Se cosi' e' - come la dizione e l'interpretazione letterale delle normative fa fondatamente concludere - non si vede per quali motivi il legislatore abbia omesso di estendere l'esenzione di cui all'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, ai giudizi di separazione dei coniugi cosi' privilegiando solo quelli di divorzio. L'art. 53 della Costituzione, nelle sue varie implicazioni ed interpretazioni, coinvolge necessariamente e logicamente anche il controllo di legittimita' sotto il profilo dell'assoluta arbitrarieta' o irrazionalita' delle norme. Ne consegue che una normativa (in tema di separazione coniugale) rese identica nei suoi punti essenziali ad un'altra (in tema di divorzio) non puo' discostarsene nei punti che, senza dubbio, rappresentano solo un lato accessorio e non essenziale della normativa stessa (lato impositivo) in quanto, cio' facendo, l'agire del legislatore diverrebbe arbitrario o irrazionale. I presupposti che rendono manifestamente fondato il dubbio sollevato di legittimita' costituzionale sono costituiti, nel caso in esame, dall'identita', sopra richiamata, delle situazioni nei loro punti essenziali in materie omogenee; dalla diversita' di trattamento, riservata dall'ordinamento normativo nel lato fiscale a dette identiche situazioni; dalla mancanza di un ragionevole discrimine che giustifichi tale diverso trattamento; dal contrasto di tale diversita' di trattamento con i principi espressi da altre norme costituzionali (oltre all'art. 53 gia' citato) contenute negli artt. 3, 29 e 31. L'art. 3 esprime il principio generale di uguaglianza che contempla la necessita' di coerenza dell'ordinamento normativo: ogni normativa posta a raffronto di un'altra non deve rilevare un contrasto che non possa apparire giustificato da una intrinseca esigenza di deroga. Non si vede, nella specie, come l'esenzione impositiva generale di cui all'art 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, possa giustificarsi quale deroga particolare che il legislatore abbia voluto riservare solo ai giudizi in sede di divorzio laddove, nei punti essenziali - quali il procedimento e i provvedimenti - il legislatore ha inteso invece unificare il trattamento normativo tra divorzi e separazione. Gli artt. 29 e 31 che tutelano i diritti della famiglia vengono del pari coinvolti dalla disparita' di trattamento adottata dal legislatore nell'agevolare fiscalmente la dissoluzione del matrimonio e nell'imporre invece il balzello nell'ipotesi della separazione coniugale che e' istituto riconosciuto nel codice al pari del divorzio e che, analizzando piu' sottilmente, ipotizza casi clinici talora ben piu' gravi e meritevoli di immediata tutela che non il divorzio, ultimo stadio di una famiglia ormai dissolta. Si ritiene pertanto manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata nel ricorso in esame e relativa alla denunzia di illegittimita' costituzionale parziale dell'art. 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, e dell'art. 1 della tariffa allegata in relazione agli artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione ed all'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, denunzia intesa alla dichiarazione di illegittimita' nella parte in cui la normativa sottopone ad imposizione fiscale le attribuzioni patrimoniali tra i coniugi in sede di separazione o di modificazione delle condizioni di separazione coniugale.